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Il bivacco in Sardegna

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di Amos Cardia
– aprile 2024

In Sardegna il pernottamento in bivacco sta riscuotendo un interesse crescente, oltre la ristretta nicchia di appassionate e appassionati che l’hanno sempre praticato. Dal 2015 al 2019 MyLand MTB NON STOP ha portato le lunghe distanze e il bivacco alla conoscenza del grande pubblico e dal 2020 Sardinia Biking ha attivato un corso di formazione specifico. A novembre 2023 è stata promulgata la legge 14, che impegna l’agenzia Forestas nella definizione di aree apposite, e quest’anno ha attivato un corso di bivacco anche la società Segnavia. A Sinnai l’appuntamento di aprile di Incontri di montagna è stato dedicato proprio a questo tema, affinché chi voglia praticare il bivacco, in autonomia o con una guida, possa farlo con consapevolezza e sicurezza. Di seguito un riepilogo dei principali temi trattati durante la serata.

1. Il campeggio
Campeggio e bivacco non sono sinonimi: per campeggio si intende una attività di sosta superiore alla durata di una notte, con installazione di strutture che permangono anche durante il giorno. Questa attività si può svolgere nelle strutture commerciali dedicate, come i camping o gli agricamping, e in altre aree previa autorizzazione degli enti competenti, come è il caso dei campi fissi degli scout, che durano anche una settimana o più, con le tende e le altre installazioni che rimangono sempre montate fino all’ultimo giorno.
La competenza in questa materia è regionale e la legge sarda, come quella di altre regioni, proibisce il campeggio libero, ossia fuori dalle strutture commerciali dedicate, come i camping o gli agricamping, o fuori da aree ed eventi per i quali ci sia stata prima un’autorizzazione. Ne deriva che, a rigor di legge, senza autorizzazione non potete campeggiare neanche in un vostro terreno, né potete far campeggiare delle persone nel giardino di casa vostra, neppure gratis. In questi ultimi casi la prassi è ben diversa e, se malauguratamente doveste prendere una sanzione per uno di questi due ultimi casi, in sede di ricorso non è da escludere che una/un giudice vi dia ragione, ma è sconsigliato fare la prova.
Un contenzioso tra un cittadino e un dipendente pubblico (quello che vi ha messo la multa) è sempre una lotta impari: il cittadino deve pagarsi l’avvocato (anche se andasse a vincere deve comunque anticipare i soldi), il dipendente pubblico no, il suo avvocato lo paga il suo ente, ossia la cittadinanza, ossia noi stessi, lui di tasca sua non spende un centesimo. Se il dipendente pubblico perdesse, a quel punto il suo dirigente potrebbe rivalersi su di lui, per i soldi che ha fatto sprecare all’ente, ma questo quasi mai succede, perché per un interesse di casta preferiscono appoggiarsi vicendevolmente, lasciando che quei soldi sprecati passino in cavalleria, tanto erano soldi pubblici.
In ogni caso il campeggio non era il tema della serata né lo è di questo articolo, ugualmente non è in discussione la norma regionale contro il campeggio libero, semplicemente occorreva sgombrare il campo da un equivoco, visto che molte persone confondono campeggio e bivacco e li confondono anche molti tutori dell’ordine, che spesso sono ignoranti sulle stesse norme che devono applicare.

2. Il bivacco
Il bivacco è una forma temporanea e minimale di pernottamento all’aperto, consiste nel dormire in un sacco a pelo, in una tenda portata a spalla o in un altro riparo, senza strutture aggiuntive. Il bivacco viene montato a fine giornata e viene smantellato al mattino successivo, è una situazione di necessità o di emergenza e si limita a una singola notte nello stesso punto.
Tra le necessità del bivacco, quella più frequente è il trascorrere la notte al riparo, perché nel sentiero che si sta percorrendo non ci sono strutture ricettive nelle vicinanze in cui potersi recare. A volere essere più precisi questo è il bivacco mobile, in opposizione al bivacco fisso, che è invece una costruzione permanente, generalmente di piccole dimensioni e in legno e lamiera, fornita di pochi posti letto e di eventuale materiale per il pernottamento per poche persone, situata di solito in corrispondenza di itinerari impegnativi.
Alcuni Comuni o altri enti, per particolari territori, non soltanto ribadiscono il divieto regionale di campeggio libero ma anche proibiscono il bivacco mobile, a eccezione di piccole aree specifiche e specificate in cui invece è consentito, magari dietro prenotazione presso un ufficio apposito. È il caso del Comune di Baunei ed è un provvedimento che ha la sua logica: l’amministratore baunese mette l’escursionista nelle condizioni di organizzarsi, dandogli la possibilità di definire le tappe in modo da poter bivaccare liberamente senza incorrere in sanzioni. Certo, può sempre capitare l’imprevisto per il quale si deve trascorrere la notte in una zona in cui è proibito, ma in quel caso non dovrebbe essere difficile far valere la situazione di emergenza, sempre che si venga scoperti.

2.1. I bivacchi mobili
Recentemente è stata approvata in Sardegna la legge 14/2023, che tratta anche dei bivacchi, con un comma dedicato ai bivacchi mobili, uno ai bivacchi fissi e un altro ai rifugi.
Il bivacco mobile continua a essere permesso come è sempre esistito, con le caratteristiche descritte nel paragrafo precedente. La legge regionale non lo esclude né descrive le altre forme di pernottamento come le uniche consentite, ragion per cui non può essere considerato proibito.
Fonti interne al Consiglio Regionale della scorsa legislatura rivelano che comunque qualcuno aveva in progetto la proibizione del bivacco mobile al di fuori di aree autorizzate. Le stesse fonti dichiarano che soltanto all’ultimo, grazie ad alcuni emendamenti, alcuni consiglieri sono riusciti a sventare questo progetto folle che avrebbe buttato alla spazzatura anni e anni di lavoro di promozione dell’escursionismo. Quanto segue dimostra che l’impianto della legge era nelle intenzioni effettivamente limitante.

2.1.1. Il bivacco mobile nelle aree di sosta di Forestas
Al comma a) dell’articolo 5 la legge tratta di bivacchi mobili itineranti: non sono i bivacchi mobili generici, di cui abbiamo già parlato, ma sono aree di sosta preventivamente definite dall’Agenzia Forestas, supponiamo per la loro posizione strategica, in cui si può per l’appunto bivaccare, si legge nella norma, in «un numero predefinito di persone», con «mezzi di pernottamento autonomo portati in spalla, escluse tende da campeggio o altre strutture diverse da un sacco a pelo o tenda da trekking individuale». Queste aree non sono state ancora definite, o comunque non rivelate al pubblico, né sappiamo quando lo saranno, se mai lo saranno, in ogni caso sorgono alcune domande.
1. Stante che ciascuna area potrà ospitare un numero massimo di persone, come si fa a non eccedere quel numero? Ci sarà un servizio di prenotazione e chi si troverà nell’area senza prenotazione sarà in multa? Ma se c’è il servizio di prenotazione, viene meno la caratteristica stessa del bivacco mobile come misura di necessità o di emergenza, o no? Oppure, se non c’è servizio di prenotazione, arriva nell’area prima un gruppo che satura quasi del tutto il numero consentito, poi un altro gruppo che lo eccede, allora il secondo gruppo è in multa soltanto per essere arrivato più tardi? Ma proprio per essere arrivato più tardi, semmai rientra maggiormente nel caso di necessità o di emergenza e quindi avrebbe ancora più diritto degli altri, o no?
2. Sono consentite le tende da trekking individuali ma non le tende da campeggio: ma perché quattro persone non potrebbero portarsi una tenda da quattro per dividersi il peso in spalla (paleria, catino, sovratelo, picchetti)? Perché ciascuno deve essere da solo in una tenda? Quindi una tenda da due è già considerata da campeggio? E se uno è da solo in una tenda da due? Anche in una logica di minimizzazione dell’impatto ambientale, sempre che l’intenzione del legislatore fosse quella, non è ovvio che una tenda da quattro ha meno impatto rispetto a quattro tende da uno?
In ogni caso, ripetiamo, queste norme varranno per il bivacco mobile nelle aree di sosta di Forestas, che comunque non sono state ancora definite, o comunque non rivelate al pubblico, né sappiamo quando lo saranno, se mai lo saranno. Queste norme non varranno quindi per il bivacco mobile al di fuori delle aree di sosta di Forestas, in cui si potràè continuare a bivaccare per esempio in quattro in una tenda da quattro portata in spalla come si è sempre fatto. Se l’intenzione del legislatore era concentrare gli escursionisti nelle aree di sosta di Forestas, sappia che con questi limiti insensati otterrà l’effetto contrario: si bivaccherà fuori dalle aree di sosta di Forestas per non incorrere in queste regole astruse e le aree di sosta di Forestas resteranno vuote come ennesima iniziativa realizzata male con spreco di soldi pubblici.

2.2. I bivacchi fissi
Al comma b) dell’articolo 5 la legge tratta di bivacchi fissi: «immobili dismessi di particolare valore storico/culturale o testimoniale del paesaggio rurale sardo, quali ovili tradizionali, pinnetos, di libera fruizione e autogestiti, incustoditi e aperti in permanenza, da utilizzare per la sosta temporanea degli escursionisti, individuati lungo le immediate vicinanze della RES [Rete escursionistica della Sardegna], purché distanti non meno di un’ora di percorrenza a piedi o almeno 3 km lineari da centri abitati o da strutture ricettive esistenti».
Il problema è tutto di Forestas, non dell’escursionista: la lista e la posizione di questi immobili con queste caratteristiche non sono state ancora definite, o comunque non rivelate al pubblico, né sappiamo quando lo saranno, se mai lo saranno. Se e quando sarà pubblicata questa lista, starà all’escursionista scegliere se bivaccare in uno di questi immobili, con i loro limiti, per esempio il numero massimo, oppure al di fuori in un normale bivacco mobile, quindi anche a meno di un’ora o a meno di 3 km lineari dal paese o da strutture ricettive esistenti.

3. I rifugi escursionistici
Al comma c) dell’articolo 5 la legge tratta di rifugi escursionistici: «immobili preesistenti, in dotazione all’Agenzia regionale FoReSTAS o alle amministrazioni comunali e altri enti pubblici individuati dalla Giunta regionale con propria deliberazione, completi di arredi e dotazioni idonee a soddisfare le elementari esigenze di pernottamento durante l’attraversamento di un sentiero della RES [Rete escursionistica della Sardegna], siti al di fuori da centri abitati e all’interno di aree naturalistiche o foreste demaniali».
Anche in questo caso il problema è tutto di Forestas, non dell’escursionista: la lista e la posizione di questi immobili non sono state ancora definite, o comunque non rivelate al pubblico, né sappiamo quando lo saranno, se mai lo saranno. Se e quando sarà pubblicata questa lista, starà all’escursionista scegliere se pernottare in uno di questi immobili, pagando l’importo stabilito, oppure al di fuori in un normale bivacco mobile. Si tratterà di pagare un importo, come una qualunque struttura ricettiva, perché questi immobili saranno gestiti, ci sarà personale impegnato nei vari servizi della ricettività.
Chi gestirà questi immobili? All’incontro di Sinnai il rappresentante di Forestas è sembrato preoccupato per il futuro di queste strutture, perché molti bandi per l’assegnazione vanno deserti: si teme che nessun operatore commerciale sardo vorrà prenderle in gestione. È probabile, ma per uscire da questa situazione occorre rimuovere le cause che evidentemente rendono queste strutture poco appetibili per l’impresa privata. Piuttosto che lamentare un’ipotetica mancanza di attitudine imprenditoriale in Sardegna, secondo i più triti luoghi comuni dell’autorazzismo, sarebbe opportuno chiedersi se questi bandi per l’assegnazione abbiano qualcosa che non va e ugualmente se queste strutture abbiano qualcosa che non va. Nel mio lavoro ventennale in questo campo ho visto tanti bandi e tante strutture del genere: quasi sempre erano bandi con condizioni capestro, scritti da persone evidentemente senza alcuna esperienza nella gestione di un’impresa, che non hanno alcuna idea di come funzioni realmente un’attività commerciale e quindi di cosa sia conveniente e cosa no. Si obietterà che questi bandi contengono le condizioni più favorevoli possibili entro ciò che la legge consente: ammesso e non concesso che sia così, se evidentemente la legge è sfavorevole, perché un imprenditore dovrebbe suicidarsi economicamente, pagando le conseguenze di assurdità normative delle quali non è responsabile?
Per quanto riguarda le caratteristiche degli immobili il problema è simile: chi ha costruito queste strutture? Con quali consulenze? Perché? Questi immobili non sono stati certo costruiti su richiesta degli operatori escursionistici, meno che mai ci si è avvalsi della loro consulenza quando li si è progettati, quindi gli operatori escursionistici non hanno avuto alcuna responsabilità, dunque non sono tenuti a prendersi adesso responsabilità soltanto per mettere una pezza su errori che non hanno commesso loro.
Questi immobili sono stati costruiti per volere politico, in tempi di vacche grasse, senza alcuno studio di sostenibilità economica nel futuro, secondo la logica ora lo facciamo poi si vedrà, tanto erano soldi pubblici. Appunto, ora stiamo vedendo e sarebbe interessante che vedesse anche la magistratura, se per caso siano stati costruiti soltanto per ingrassare ingegneri e imprese edili.
Le montagne della Sardegna sono purtroppo disseminate di queste cattedrali nel deserto, di dimensioni eccessive rispetto a qualunque economia di gestione, con caratteristiche strutturali inadatte, e proprio per questo è lodevole il tentativo dell’agenzia Forestas di dare loro un senso positivo, dopo tanto spreco di fondi pubblici e dopo tanto impatto sull’ambiente. Se non ci sono le condizioni favorevoli per la conduzione privata di queste strutture, le gestisca direttamente il settore pubblico, del resto è roba che ha voluto l’amministrazione pubblica, mica le abbiamo volute noi, fosse per noi non si sarebbero neanche costruite. Non le avremmo mai costruite per molte buone ragioni, compresa la sostenibilità ambientale, sulla quale con grande faccia tosta il legislatore pensa ora di poterci dare lezioni.

4. Il bivacco marittimo
Durante la stessa serata di Sinnai è emerso il bisogno di chiarimenti anche sulle possibilità di bivacco marittimo, sul bivacco in spiaggia durante lunghe percorrenze costiere in autonomia, come per esempio i due peripli della Sardegna in windsurf di Vittorio Serra e il periplo della Sardegna in kayak di Carlo Coni. A questo proposito l’Ordinanza balneare del 2014 sarebbe potuta essere un buon riferimento e invece è carente, non tratta l’argomento limitandosi all’art. 3 comma d) a proibire il «campeggiare con roulotte, camper, tende da campeggio o altre attrezzature simili».
Ne deriva che in mancanza di una norma specifica vale quanto già detto per il bivacco su tutto il territorio italiano: forma temporanea e minimale di pernottamento all’aperto, che consiste nel dormire in un sacco a pelo, in una tenda o in un altro riparo, senza strutture aggiuntive. Il bivacco viene montato a fine giornata e viene smantellato al mattino successivo, è una situazione di necessità o di emergenza e si limita a una singola notte nello stesso punto.
Siccome le spiagge e le zone costiere sono un ambito sul quale la vigilanza è più alta che altrove – a patto che siate poveri, altrimenti, se siete una multinazionale, non avrete problemi a farvi approvare gli ecomostri e a passare anche per benefattori – rimane valido il consiglio di non farvi notare. Perché non serve soltanto avere ragione, serve anche che ve la riconoscano, ed è questo il problema maggiore, se non avete tempo, soldi ed energie per impegnarvi in ricorsi che, come già spiegato nel primo paragrafo, potrebbero rivelarsi delle battaglie contro i mulini a vento.

 

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